Se c’è una cosa di cui mi sono accorta nel mio viaggiare per il Portogallo è che i Portoghesi amano i dolci. Tantissimo. Ci sono più pasticcerie a Lisbona (e nel resto del Paese) che semafori. Il profumo di zucchero caramellato, di creme calde, di vaniglia e cannella, di cioccolato e canditi, di panna e pasta sfoglia, si srotolano per le strade, scivolando giù per salite e discese e arrampicandosi su per i muri dei palazzi, infilandosi nelle finestre e planando infine nelle nostre narici. Un richiamo a cui è impossibile resistere. E infatti io non ho resistito. Fin dal primo giorno.
Il fatto è che la casa che abbiamo affittato a Lisbona si trovava a Belèm. E questo già dice tutto. Chi conosce Lisbona lo sa, Belèm oltre ad essere un quartiere delizioso, vicino al fiume, ricco di giardini, musei, grandi piazze e una torre, quella appunto di Belèm, famosa nel mondo, è anche il luogo di nascita delle pastèis di Belèm. Non ho fatto in tempo a svuotare la valigia che l’aroma di questi inconfondibili dolcetti già mi aveva preso alla gola. Così seguendo come un segugio le scie profumate sono arrivata alla Antigua Confeitaria de Belèm, la patria del peccato di gola, il paradiso in terra dei golosi di dolci.
Entrare in pasticceria e trovarsi circondata da circa diecimila pasticcini artigianali, fatti totalmente a mano, sfornati ogni giorno, freschi e caldi, vi assicuro che è stordente, mi aggiravo tra luccicanti vetrine inebriata e pronta a consumarli tutti. Così è partita la Grande Bouffe. La pastèis è un piccolo scrigno di sottilissima e croccante pasta sfoglia che racchiude come uno scrigno il suo prezioso ripieno, una dolce e leggera crema spolverata di cannella. Vi assicuro, un vero sballo. Il solo guaio è che quando si comincia non si riesce a smettere. Peggio dell’eroina. Al decimo pasticcino mi sono dovuta arrendere. Adesso avevo anche io uno scopo nella vita: trovare la ricetta di quel dolce. Per lei avrei dimenticato affetti, doveri, lavoro ma ne sarebbe valsa la pena. Solo che la ricerca è praticamente impossibile. Già perchè la ricetta dei pastèis è segreta, anzi segretissima. Per capirsi il Terzo segreto di Fatima al confronto è una passeggiata. E come ogni ricetta segreta è avvolta nella leggenda.
Pare che la formula magica sia invenzione dei monaci del vicino Monastero dei Jèronimos, un enorme e meraviglioso palazzo che si erge bianco ed imponente a pochi metri dalla Pasticceria. Con la rivoluzione liberale, nel 1820, gli ordini religiosi furono estinti in Portogallo e i suoi conventi furono nazionalizzati. I lavoratori laici che vivevano in quei luoghi, tra cui i pasticceri, cercarono lavoro fuori. Si dice che il pasticcere del Monastero, custode dell’antica ricetta, sia andato a lavorare presso una raffineria di zucchero delle vicinanze e così, nel giro di qualche tempo, i “veri pasticcini di Belèm” furono venduti al pubblico. Il successo fu tale che i dolci arrivarono fino a New York e al Giappone.
Nella mia testa si affastellavano le immagini del pasticcere che ogni mattina si alzava all’alba per preparare i suoi capolavori, chiuso nella sua stanzetta, senza che nessuno potesse varcarne la soglia. Ho poi scoperto che a protezione della preziosa ricetta il proprietario della pasticceria ne registrò in seguito il brevetto, e oggi è nota solo a tre persone: un pasticcere che da oltre cinquant’anni lavora nella casa di produzione e due fidi aiutanti. Sembra addirittura che i tre detentori del segreto abbiano dovuto fare giuramento e firmare un foglio che li obbliga a non rivelare mai il loro segreto.
E così malgrado abbia in ogni modo tentato di circuire il proprietario (gli avrei regalato anche i miei figli in cambio e avrei sottoscritto qualsiasi atto e giuramento, pena il taglio della testa), me ne sono tornata a casa con le pive nel sacco. E per i restanti quindici giorni del viaggio non ho mai smesso di mangiare pastèis di Belèm, a pranzo, cena e colazione. Ho cercato ovunque la ricetta e sono riuscita a trovarne una, quella che mi sembra si avvicini di più all’originale. Provatela e sappiatemi dire. Io intanto sono tornata a casa e ho iniziato la disintossicazione. A colpi di maritozzi con la panna. E’ inutile dirvi che sto malissimo.
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