“Ho sempre pensato che il mondo si divida in due. E non parlo di belli e brutti, di buoni e cattivi, di bianchi e rossi. No, parlo di “quelli che amano le isole e quelli che non”. Si tratta di due fazioni ben distinte, diverse per mentalita’, carattere e stili di vita. Quelli che le isole non le amano si riconoscono a vista per via di quel sottile malessere che li assale una volta messo piede su suolo isolano, quella vaga sensazione di claustrofobia, quell’affanno senza nome, quel confuso senso di panico, quell’acuto desiderio di terraferma che li spinge a salire con sollievo sul primo traghetto disponibile, quello che li riportera’, una volta per tutte, in “continente” la’ dove cose e persone hanno contorni piu’ nitidi e precisi, la’ dove poter finalmente sciogliere e scomporre ansie e paure. Dove poter insomma ricominciare a vivere. Per i secondi invece la vita inizia proprio la’ dove per gli altri finisce: quando cioe’ ogni collegamento con il resto del mondo viene interrotto, quando si resta soli in mezzo al mare, quando si spezza anche l’ultimo tenue contatto con “il prima”. Allora ci si sente finalmente al sicuro, tranquilli e protetti come nel grembo materno.
E’ l’Isola stessa, ogni Isola, a racchiudere in se’questa doppia anima, prigione o fortezza, esilio o liberta’, mistero e certezza. Per me, amante appassionata delle Isole, esse sono soprattutto pausa, silenzio, sospensione del tempo. Come tutti quelli della mia razza ho anche io Isole del cuore e un’Isola dell’anima. Sono queste quelle che vorrei raccontare, e siccome mi piace mangiare e scrivere di cucina e credo che il cibo possa narrare storie, avventure, vite e personaggi, e’ cosi’ che cerchero’ di rendere vive le mie Isole. Passando per la stanza da pranzo.
Ho iniziato ad andare alle Eolie trentacinque anni fa , e da allora non ho mai smesso. O meglio, ho avuto qualche flirt e qualche avventura extraconiugale come in qualsiasi matrimonio che si rispetti, ho addirittura vissuto periodi di distacco e di rifiuto ( e’ accaduto quando mio padre ha venduto una casa amatissima a Stromboli, il dolore e’ stato tale che per qualche anno non sono voluta tornare, quasi che le Isole stesse mi avessero tradita e allontanata). Da quindici anni pero’ mi sono arresa, completamente e per sempre. Ci sono state si’ altre Isole nella mia vita ma nulla che possa neanche lontanamente scalfire l’amore per questo strano arcipelago a forma di stella.
Le Isole Eolie, le “Sette Sorelle”, si trovano nel Tirreno meridionale, a nord della Sicilia, in direzione di Capo Milazzo. Chi c’e’ stato anche una sola volta non puo’ dimenticarle. Non dimentica il loro mare di un blu cupo, quasi nero in alcuni punti, non dimentica la loro anima di fuoco, non dimentica le loro nude rocce scoscese dalle forme bizzarre, non dimentica una natura ardente e selvaggia e allo stesso tempo morbida e armoniosa. Non dimentica la loro storia antichissima ricca di miti e leggende. Non dimentica che qui vivevano gli Dei. Efesto imprigionato nella sua fucina infernale, Eolo, il grande re dei venti, Sirene e Nereidi, Titani e Ciclopi. Le Eolie sono ancora isole dure, alcune durissime. Nel corso della loro storia sono state plasmate e modellate dai venti, dal mare e soprattutto dal fuoco: alcune sono rugose e selvagge, altre invece serene e dolci. Di volta in volta possono apparire solari o tenebrose. Bene le ha descritte Fosco Maraini che di loro ha detto: “Fin dalle prime visite mi accorsi di un fatto che esse appartengono a due specie ben distinte tra loro. Da una parte ci sono le Eolie bianche, dall’altra le Eolie nere. Eolie bianche possono dirsi quelle in cui l’impeto vulcanico si e’ ormai placato e l’uomo e’ riuscito a plasmare in qualche modo l’aspetto fisico dei luoghi….le Eolie nere sono invece antichi e maledetti scogli sopravvissuti ai primordi, sono lembi di luna; sono lembi di luna, fuoco, inferno e basalti”.
Soprattutto le Eolie sono Isole piene di personalita’, tutte diverse una dall’altra. Talmente diverse che uno dei giochi preferiti di chi prende il traghetto da Napoli per arrivarci, e’ quello di indovinare “dove scendera’ chi”. Le tipologie sono infatti riconoscibilissime: a Stromboli, la prima in ordine di arrivo, sbarcano gli appassionati di vulcani (soprattutto tedeschi e francesi), giovani piu’ o meno alternativi e piu’ recentemente, a seguito della calata sull’isola di Dolce e Gabbana, qualche fotomodella impazzita. A Ginostra, piccolo paesino della costa settentrionale della stessa isola, intellettuali e attori in cerca di se’ stessi. A Panarea scende tutta la “gente elegante”, soprattutto ricchi milanesi e qualche addentellato tra politica e show-business in cerca di mondanita’. Lipari, la capitale, nonche’ la piu’ grande e trafficata, ha un tipo di turismo piu’ popolare e di massa. Salina e’ un’isola ancora fortemente legata alla terra, contadina e assai diversa dalle altre, un posto per intenditori. A Filicudi trionfa il radical chic. E l’ultimo scalo e’ la piccola e selvatica Alicudi, la piu’ bistrattata e la piu’ lontana tra le “Sette Sorelle”. Li’ scendono in pochi, un esiguo drappello che ci torna, pervicacemente, ogni anno, sempre gli stessi, una strana confraternita, quasi una setta segreta. Le Isole elargiscono generosamente a ciascuno i propri doni, che si tratti di sole o di mare, di luci o di ombre, di feste o di divertimenti, di silenzi e di pace. E perche’ no, anche e soprattutto di grandi mangiate.
La cucina eoliana e’ antica quanto le Isole stesse. Gia’ Ulisse, nell’Odissea, racconta che nel palazzo di Eolo furono offerte a lui e a i suoi compagni “ infinite vivande” e Diodoro Siculo scrive non solo che il mare di Lipari “forniva ai suoi abitanti pesci di ogni tipo in gran quantita’” ma anche che l’isola di Lipari era “ricca di quei frutti che offrono straordinario piacere a chi ne gode”. Sappiamo inoltre che la cucina delle Isole fin dall’eta’ greca faceva largo uso di quello che ancora oggi e’ uno degli ingredienti onnipresenti in tutte le sue ricette: i capperi, a cui i Greci attribuivano anche virtu’ medicinali. Arabi, Normanni, Spagnoli e Francesi hanno poi, nel corso dei secoli, aggiunto sapori e profumi ai menu isolani. Certo e’ che a causa della loro insularita’ le Eolie hanno dovuto sempre fare affidamento principalmente su se’ stesse,sulla loro doppia anima, vale a dire su cio’ che il loro mare regalava, pesce, tanto, di tutti i tipi e di gran qualita’, e su quello che una terra particolarmente fertile produceva: verdure, cereali, legumi, qualche coniglio. Questi ingredienti, con l’aggiunta delle tante erbe aromatiche, vengono ancora oggi mescolati, combinati e ricombinati insieme in migliaia di maniere differenti dando origine a piatti sempre nuovi e dai sapori intensi. Certo, la storia di queste Isole e’ stata anche una storia di poverta’ ed emigrazione e percio’ di fame, carestie e pasti molto frugali. L’Arciduca Luigi Salvatore d’Austria, gran viaggiatore e scienziato appassionato, autore alla fine dell’Ottocento di ben otto volumi sulle Eolie, ci ha lasciato pagine preziose sulla cucina eoliana di quei tempi: “ …..l’alimentazione degli abitanti delle Lipari e’ piuttosto sobria, ed i loro pasti, di regola, si consumano soltanto a mezzogiorno e sera. I piu’ agiati si alimentano con brodi, minestre, verdure, carni e quando capita, con legumi…….gli artigiani ed i pescatori si nutrono generalmente di pesce, verdura, legumi, fagioli in specie, e pasta…..nelle altre isole, eccetto che per i pochi abbienti, l’alimentazione si basa sui legumi, sul pesce salato, la verdura, e se capita, sulla pasta”. Ancora oggi la cucina eoliana e’ fatta di preparazioni estremamente semplici tanto da poter essere chiamata, con un termine che ora va tanto di moda, una “cucina povera” ed e’ proprio questa”poverta’, questa purezza di ingredienti a conferire ai suoi piatti sapori unici e originali come la terra in cui nascono.
DA”A TAVOLA CON GLI DEI-RICETTE E MEMORIE DELLE ISOLE EOLIE” DI STEFANIA BARZINI-EDIZIONI GUIDO TOMMASI.
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