DA”A TAVOLA CON GLI DEI”DI STEFANIA APHEL BARZINI- EDIZIONI GUIDO TOMMASI
“E’ arrivato il tempo di tornare nella fredda Danimarca. Di ricominciare da capo. Di rintanarsi a Rungstedlung, a leccarsi le ferite, nell’unico luogo che non l’ha mai tradita. Sceglie la stanza rivestita di legno, sotto i tetti, con le finestre rivolte al mare. La casa di Karen é oggi un museo. Una casa austera, di una eleganza raffinata come quella della sua padrona. C’é molto legno, molti fiori, bei piatti di porcellana alle pareti, camini di marmo, cassapanche africane, tavolini di piastrelle, meravigliose stufe di ghisa che raggiungono il soffitto. Ma non é certo una casa che si può definire cozy, raccolta, coccolante. E’ una casa di venti, di nebbie, di mare. Una casa in cui fino agli anni ’60 non ci saranno né il bagno né l’acqua calda, ci si lava in guardaroba dove troneggia una grande vasca. Cuoche e domestiche lottano con una stufa a legna e sotto la tirannia del libro di cucina di Mrs. Beeton. Inverni gelidi che devono essere stati durissimi. E poi c’é quella malattia che non la lascia mai, diventa, anzi, sempre più possessiva. Karen scopre infatti di essere stata malcurata e di avere adesso anche la tabes dorsalis, la sifilide della spina dorsale. Per il resto della sua esistenza avrà difficoltà a camminare, vomiterà spesso, il suo equilibrio sarà sempre un affare precario, sarà tormentata da anoressia e forti dolori di pancia, complicati anche dalle ulcere. Questo tipo di sifilide é una degenerazione della spina dorsale, localizzata nei nervi che controllano lo stomaco e gli intestini, il suo diventa perciò un calvario segnato da crisi gastriche e crampi continui, in questi casi é difficile ingrassare, anche se si mangiano cibi ricchi. Se poi aggiungiamo l’aspirazione al digiuno ecco che la seconda parte della vita di Tanne si trascina all’insegna del rifiuto del cibo o quantomeno del suo abbandono progressivo. Ma se l’interesse per il mangiare non c’é più, c’é invece, potente come sempre, il desiderio di condurre una vita avventurosa, di muoversi, di fare, di sperimentare luoghi e cose nuove. Tutta questa attività richiede però combustibile, il suo sarà una dieta di ostriche e champagne che la sosterrà per il resto dei suoi giorni, fin a quando, ormai molto vecchia, avrà difficoltà a concentrarsi, a mangiare, a lavorare, anche a sedere dritta.
Ma soprattutto Karen non rinuncia a viziare i suoi ospiti, ama guardarli mangiare e vuole che mangino bene. La sua tavola é sempre raffinata e il suo cibo buono. Non é donna da sofisticate delicatessen ma le piace offrire quanto di meglio regali la sua terra: rombi pescati nel Sound, soufflè, i suoi famosi consommé, i funghi che lei stessa raccoglie nei boschi, le fragole e gli asparagi del suo orto. Almeno tre portate e sempre accompagnate da vini preziosi. Tutto, naturalmente, espresso, preparato con cura nella grande cucina, una delle stanze più belle della casa, essenziale come tutto il resto. Una cucina dove ogni cosa é luce e purezza, bianchi i mobili, bianche le lampade, bianche le piastrelle che rivestono le pareti. La luce cade obliqua sul grande ripiano d’acciaio, dalla finestra sopra il lavabo. Incorniciati in una sorta di riquadro sono i tanti mestoli di legno portati dall’Africa.
Naturalmente, anche qui in Danimarca, Tanne non rinuncia ad avere il suo orto, di cui va fiera e che diventerà prezioso durante la guerra, quando il cibo é poco e razionato e le verdure che coltiva diventano un bene inestimabile, da esibire con orgoglio. La guerra porta con sé, insieme a fame e miseria, anche novità e momenti surreali. Come quando il parco di Rungstedlung viene confiscato e controllato dai tedeschi mentre in cucina si rifugiano due amici partigiani a cui Karen ha dato la chiave: “ Avevo i Nazisti in giardino e gli Ebrei in cucina!” commenterà ridendo. La novità invece é Clara Svendsen, una buffa ragazza che si presenta a casa Blixen nel 1942, a soli 28 anni. Clara si propone come cuoca e Tanne, felice di avere un aiuto in tempi duri come quelli della guerra, le porta grossi mazzi di funghi selvatici, oppure le chiede di prepararle i toast per il tè, una torta rustica per la cena o uno di quei fantastici rombi in salsa olandese che Kamante cucinava così bene. Clara osserva tutto quel cibo con disperazione e lo trasforma in…immondizia! Già perché la ragazza é una pessima cuoca, incapace di cucinare anche l’abusato uovo al tegamino. Al terzo di quei pasti immangiabili Karen si arrende e affronta la ragazza che, messa alle strette non può fare altro che confessare: non é cuoca, né lo é mai stata, é un insegnante, innamorata da sempre dei libri della scrittrice. Così dalle cucine la Svendsen passa ai piani nobili e diventa la segretaria, la governante, la nurse, la traduttrice, l’esecutrice testamentaria della scrittrice, un rapporto che, tra alti e bassi resisterà fino alla morte di quest’ultima. Intanto é tornata la pace e questo vuol dire anche ricominciare a vivere. A ricevere, a organizzare piccole cene, mai più di sei, sette persone, perché altrimenti non si riesce ad avere una conversazione decente e ognuno parla solo con il suo vicino di tavolo. Ma tutto, come sempre, é elegante e raffinato. E naturalmente buono.
La fine della guerra porta con sé anche un nuovo amore, l’ultima grande passione di Tanne. Lui si chiama Thorkild Bjornvig, é un poeta, é sposato, ha un figlio ancora piccolo e la metà degli anni della scrittrice, lei ne ha più di sessanta, lui meno di trenta. Dunque un’altra storia folle, dolorosa, impossibile. Dura cinque anni e sono anni di liti, di rotture, di riappacificazioni, di ripicche ma anche di felicità e soprattutto di momenti di pura gioia, quell’estasi così cercata e desiderata. Attimi in cui i due ascoltano Schubert, sorseggiando vino e recitano poesie, una sorta di ripetizione della storia d’amore con Denys. Thorkild vive per lunghi periodi a casa di Karen che fa di tutto per staccarlo dalla moglie. Lui fugge e ritorna, si allontana di nuovo e cede ancora. Non é certo facile vivere sempre sull’orlo della follia, in uno stato di esaltazione continua, protesi fino allo spasimo verso il rapimento. Il giovane poeta non é fedele neanche a Tanne, ha altre storie, alcune suggerite dalla stessa Karen, pronta ad accettarle pur di riuscire a separarlo dalla moglie, ma capita che Thorkild si innamori sul serio e allora la donna si aggira per la grande casa come una leonessa alla quale abbiano sottratto il cucciolo più amato. Per addolcire quella furia devastante cucina frittelle, strappa erbacce, fa talee, pianta cavolfiori, sferruzza a maglia. La fine della storia d’amore, quando il poeta abbandona per sempre il campo, la lascia svuotata ad affrontare una realtà irrefutabile, fatta di vecchiaia e malattia. E la Blixen detesta invecchiare. “ Se si deve invecchiare-scrive-la via più onorevole di farlo é diventare uno scheletro, un teschio, un memento mori, allora ispirerò…ispirerò orrore”. E bisogna dire che a ottenere questo risultato ci si dedica con grande impegno. A metà gennaio del 1953 le asportano gran parte dello stomaco insieme a molte ulcere, da questo momento in poi non mangerà più normalmente, qualche asparago, poche ostriche e champagne. Arriva a pesare poco più di 40 chili, finalmente é diventata la persona più magra del mondo. A 70 anni viene ricoverata in ospedale, la operano e le recidono alcuni nervi della spina dorsale. Se il cibo, nella vita reale, é ormai solo un pallido fantasma, resta però sempre presente nei suoi pensieri e soprattutto nelle sue parole, le serve a raccontare la vita, le passioni, i sentimenti. Nel 1955, a Roma, incontra un giovane scrittore americano, Eugene Walter, quando lui parte gli scrive: “Ho bisogno del vostro braccio per salire e scendere, la vostra spalla per appoggiarci la testa, la vostra affascinante immaginazione per accoppiarla alle mie fantasie e vi prego di ricordare che insieme abbiamo salato ore dolci, mandato indietro gli anni, mangiato tutto il cuore maturo della vita e della buccia ne abbiamo fatto un succulento sottaceto.”
Da qui in poi la sua esistenza diventa una sorta di bollettino di guerra: nel 1958, tornata dall’Inghilterra si mette a letto, i sintomi sono quelli della denutrizione e dello sfinimento. Ormai pesa solo 37 chili, i medici sono preoccupati, una magrezza simile l’hanno vista solo tra i prigionieri dei campi di concentramento. Le ordinano di mangiare, di mettere su peso. Ma lei da quell’orecchio non sente. Parte per l’America, per un giro di conferenze e saranno gli scrittori incontrati in quell’occasione a raccontare di lei. A New York Frederic Prokosch la invita a cena, Karen é fragile e paurosamente vecchia, una vecchia signora scheletrica, con le labbra color sangue, il viso di un azzurro latteo e gli occhi fosforescenti in fondo alle orbite. A tavola assaggia distrattamente una foglia di lattuga e si rifiuta di toccare la tartare preparata dal suo commensale. Sempre a New York, al Cosmopolitan Club va a un pranzo ufficiale in onore della scrittrice Pearl Buck. Non smette di chiacchierare per tutta la serata ma non sfiora neanche le ostriche e l’uva che ha nel piatto e soprattutto non rivolge un solo sguardo all’ospite d’onore, cosa che viene debitamente notata dai presenti, creando un certo scandalo. La serata più travolgente é quella a casa della scrittrice Carson McCullers, pochi gli invitati, oltre alla proprietaria e a Karen ci sono Arthur Miller e Marilyn Monroe. Della serata esiste una bella foto. La Mc Cullers e Marylin ridono di qualcosa, Tanne brinda con Arthur, lui ha occhi solo per lei e lei é leggermente piegata verso di lui, quasi che le altre due donne non esistessero. Sul tavolo di marmo nero piatti e bicchieri, il menu é a base di ostriche, soufflè, champagne e uva bianca. Il drammaturgo americano si china verso di lei e le chiede se sia saggio, alla sua età, essendo così magra, mangiare solo uva, ostriche e champagne. Lei non ha dubbi né incertezze: “ Sono vecchia-risponde- e mangio quello che mi piace”. La serata, malgrè tout, prende un verso “gastronomico”, sarà infatti Marilyn a intrattenere i presenti raccontando proprio le sue avventure culinarie: una sera aveva tentato di cucinare la pasta per il marito usando una ricetta della suocera, ma era in ritardo e la pasta non era ancora pronta così aveva pensato bene di asciugarla con il phon! La cena finisce con le tre donne, le due scrittrici e la giovane attrice, che ballano sul tavolo mentre Miller resta a guardare.
Al suo ritorno in patria i medici sono categorici: c’é poco da scherzare, adesso é questione di vita o di morte. Ma lei non si arrende nemmeno allora. Vive ormai solo di succhi di frutta e verdura, di ampolle di gelatina royale, delle sue adorate ostriche e di qualche biscotto secco. In compenso i suoi libri vendono bene, i soldi non sono più un problema e può quindi permettersi di viziare i suoi ospiti con quelle cene a base di tartufi che resteranno leggendarie.
Gli ultimi due anni sono una sola, lunga preparazione alla morte, di cui non ha nessuna paura, piuttosto é consapevole che ogni attimo ora diventa prezioso e più intenso. Poco prima della fine scende in giardino a sentire il profumo dei tigli e ad ascoltare il cinguettio degli uccelli. Sa bene che é l’ultima volta, così come sa che adesso, che di lei non é rimasto più nulla, che lei stessa é la cosa più leggera di tutte, il destino non farà nessuna fatica a portarla via. Il 7 settembre del 1962 beve l’ultimo dei suoi preziosi consommé e si addormenta serena. “Morte per consunzione”, diranno i medici, morte per digiuno, direbbe lei, e per Tanne questo é l’ultimo atto, ironico e potente, di eroismo femminile”.
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