Cosa c”è di più triste di una mensa scolastica? Poco o nulla. Forse solo le mense delle carceri e quelle degli ospedali. Io ad esempio andavo ad una scuola di monache frances ed erroneamente pensavo che essendo francesi la loro sarebbe stata una cucina super. In Francia ci ero stata. Negli anni in cui mio padre ci lavorava eravamo andati a trovarlo insieme a mia madre e a mio fratello. Parigi mi era piaciuta moltissimo, avevo amato immediatamente i suoi grigi, la sua “grandeur”, il suo respiro largo e soprattutto il suo cibo, in particolar modo la zuppa di cipolle di cui mi ero nutrita, con la solita ansia maniacale, a pranzo e a cena per sette giorni consecutivi. Perciò mi ero detta, alla peggio saranno anni di cipolle e groviera. E invece mi sbagliavo di grosso. Lì in quella scuola tutto era francese, francesi le suore, francese la lingua che parlavamo, francesi i nostri libri, francese il modo di studiare e di insegnare. Tutto tranne le cucine. quelle erano tedesche, o forse polacche, o rumene, o inglesi. Quegli anni di ristorazione scolastica sono rimasti marcati a fuoco nella memoria come i più cupi della mia vita gastronomica. Non sono mai stata schizzinosa in fatto di cibo, ma lì da mangiare non c’era proprio nulla. Non la pasta, una massa gelatinosa e incollata che ci attendeva gelata al nostro arrivo al refettorio, non la carne, un’immangiabile e filacciosa suola di scarpe, neanche l’innocente insalata era lasciata in pace, veniva lavata (male) e poi messa ancora grondante acqua nelle ciotole, condita con sale e olio di semi. Laddove si raggiungevano vette tragiche era però con il pesce: l’universo marino per le suore francesi si declinava in solo due razze, maccarelli e seppie. Immangiabili le une e gli altri, al punto che una o due volte l’intera scuola restò intossicata e passò lunghe ore nei gabinetti. Di commestibile, mi dispiace dirlo, restava solo il pane e qualche volta le tristi fette di un formaggio plastificato e insapore che aveva però il merito di andar giù come l’acqua.
Molti anni dopo invece, trasferitici in America, i miei figli hanno potuto apprezzare le gioie delle “cafeteria”, le mense scolastiche americane. il triste pasto quotidiano: hot dogs, hamburger, zuppa di chili, patatine fritte e, alla voce “verdure”, ketchup che, grazie a Reagan è diventato un vegetale (è pur sempre pomodoro….o no?). Dopo un mese di offese al palato i miei figli mi hanno detto:”Qui noi non ci mangiamo più”. E così ogni mattina preparavo loro panini o infilavo nella cartella contenitori con gli avanzi della cena della sera precedente. Molto apprezzati, così mi raccontavano i miei figli, anche dai loro compagni di classe.
Oggi su un quotidiano ho visto che è stata fatta un’inchiesta sulle mense scolastiche nel mondo. Cosa mangiano a scuola i bambini del pianeta? Eccovi la risposta, a voi giudicare. Io darei il premio “tristesse” alla mensa ucraina e a quella kenyota. Ma direi comunque che in generale il quadro è sconfortante, per uniformità e per qualità. E le migliori restano le mense orientali.
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