Spesso i ristoranti di oggi offrono sale da pranzo private, enclaves dove gli ego sono accarezzati, i menu diventano feticci, dove vengono stipulati affari. Non sono più luoghi di possibilità quanto concetti di esclusività. Luoghi dove il glamour sembra essere più urgente di ciò che si cucina, e l’eccitazione più importante del piacere. Perchè i ristoranti dovrebbero essere luoghi di piacere, dove il semplice atto di ingoiare calorie si trasforma in gioia del palato e dell’intelletto, perchè. In fondo, come scriveva Brillat-Savarin: “il piacere di mangiare lo condividiamo con gli animali, ma il piacere della tavola lo conoscono solo gli umani”.
Adoro le interiora e trovo risibile l’abitudine degli umani di mangiare, degli animali, solo quei pochi centimetri quadrati di muscolo che si trovano vicino allo scheletro. Li paragono a quei vacanzieri che passano le vacanze su isole vulcaniche restando azzeccati come cozze in pochi metri di costa, senza mai osare avanzare nelle montagne dell’interno. C’è nel mangiare solo filetto un grande spreco, una sorta di disprezzo e di mancanza di rispetto per l’animale. Fra le tante frattaglie amo in particolare il siculo pane ‘ca meusa, il panino con la milza. La milza! Un organo perfetto. Lo sapevate che la milza si gonfia quando si è innamorati? Come poter resistere ad un organo del genere?.
Mangiare in un buon ristorante giapponese, a volte può trasformarsi in un momento di meditazione. I micromovimenti dei camerieri, l’ordine preciso in cui vengono messi piatti, bicchieri, bastoncini, il silenzio e la concentrazione degli chef mentre tagliano sushi e sashimi. Meglio di un corso yoga.
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