Quando lavoravo per il Gambero Rosso Channel e andavo in giro per documentari a mangiare, attività che tutti consideravano fighissima, ma che credetemi dopo un po’ diventa terribilmente faticosa. Quando, dicevo, tornavo a casa, dopo aver assaggiato cibo fantasioso, ricercato, nuovo, diverso, e mi ritrovavo a pranzo davanti al più casalingo piatto di spaghetti pomodoro e basilico, vivevo, ogni volta, un attimo di vera euforia, di innamoramento. Era come svegliarsi un mattino e realizzare di essere in realtà sempre stata innamorata del tuo migliore amico. Che a farti battere il cuore non sono gli scalogni caramellati accompagnati da pomodori confit, ma l’amico dolce, fedele, leale, che è sempre stato lì per te, che ti ha sempre aspettato con pazienza.
Se per lavoro si va in giro per ristoranti, prima o poi si finisce nelle retrovie: nelle cucine. Per capire se si tratta di cucine abusive, quelle in cui lo chef urla e lancia intorno i piatti, basta guardare le giacche di chi lavora ai fornelli: se hanno grosse macchie sai che si tratta di cucine agitate. Quello che viene lanciato infatti, carne, sughi, pesce, dolci, finisce per essere “Indossato” dai malcapitati.
Pancetta: la carne è nel cuore e l’anima sull’orlo. Adoro la pancetta ma devo ammettere che non se ne riesce a mangiare più di un tanto alla volta: forse è per questo che il bacon è sempre tagliato così sottile.
Mai fidarsi di un mango, a meno che si sia assaggiato in India. Il mango indiano si mangia a cucchiaiate e ha il gusto di una giornata di sole, quelli che si comprano in Occidente invece hanno il sapore di un pullover di lana.
Rispetto i vegetariani, anche i vegani, ma quelli che preferisco sono i flexetariani, vegetariani flessibili, che ogni tanto cedono ai piaceri della carne.
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