Nel mio ultimo libro, in uscita il 1 Aprile prossimo venturo, ho raccontato la storia del nostro paese dall’unità d’Italia ad oggi, partendo dal rapporto delle donne con il cibo e le cucine. Alla fine di ogni capitolo, ho aggiunto una postilla dal titolo “Donne di…” (cuori, picche, fiori, quadri) per raccontare meglio alcune donne che, ciascuna nel proprio periodo storico, hanno contribuito a cambiare la cucina, il rapporto delle donne con il cibo e di conseguenza il Paese. Qui di seguito vi regalo uno dei ritratti che fanno parte della postilla “Le Donne di picche”, vale a dire le donne del periodo fascista. E’ il ritratto di una donna speciale: Petronilla, e oggi che siamo di nuovo in tempi di crisi, di Petronille ce ne vorrebbero molte.
“La nostra ultima donna di picche, Petronilla, è anche la più eccentrica e di certo quella che ha ottenuto maggior fama. Se Zia Carolina non esiste di Petronille invece ce ne sono anche troppe. Ma non sono ciò che sembrano. Dietro all’inevitabile pseudonimo si nasconde in realtà Amalia Moretti Foggia Della Rovere. Amalia nasce a Mantova nel 1872 in una famiglia che ha alle spalle generazioni di farmacisti. Se il buongiorno si vede dal mattino allora sembrerebbe che il destino della piccola Amalia sia già segnato: cibo e malattie. Da bambina smette improvvisamente di mangiare e si ammala, la mamma ha un bel adoperarsi a preparare piattini appetitosi, petti di pollo cotti nel latte e sminuzzati, semolina con zucchero e cannelle, budini con panna, miele e mandorle tritate. Niente da fare. Amalia ha una grave enterite e a nulla valgono le cure del medico che cerca di preparare i genitori alla morte della piccolina. Ma il padre, anch’egli farmacista non si arrende, prepara un decotto di erbe e la salva. La bambina si sveglia con una gran fame, appetito che resterà uno dei tratti principale del suo carattere anche nella maturità, e chiede subito il suo piatto preferito, il vitel tonnè che in seguito sarà sempre uno delle ricette di battaglia dei suoi libri entrando nel ménage gastronomico della buona borghesia. Dunque cibo e passione per erbe e medicina. Non è quindi un caso che la ragazza si laurei in medicina, una delle prime donne in Italia a farlo e si trasferisce poi a Milano, da sola, quasi uno scandalo a quei tempi, e con 500 lire in tasca. Ma Amalia è una tipa tosta e non si arrende. Frequenta un gruppo di donne, le femministe dell’epoca, Paolina Schiff, Alessandrina Ravizza, Linda Malnati e Emilia Maino. Grazie a quest’ultima ottiene un posto come medico fiscale alla Società operaia femminile, poi, nel 1902 sposa Domenico Della Rovere ed è assunta dall’ambulatorio della Poliambulanza di Porta Venezia dove lavorerà per circa quarant’anni. Sarà sempre attenta alle famiglie operaie, ai poveri, che spesso cura gratuitamente. Una specie di missionaria laica. Uno degli amici che frequentano la loro casa è Eugenio Balzan, direttore editoriale del Corriere della Sera. E’ lui che nel 1926 le affida una rubrica di medicina su La Domenica del Corriere, Il Parere del medico. Nasce così la prima delle incarnazioni di Amalia e il suo primo pseudonimo: il Dottor Amal. Sono tempi in cui la gente non si fiderebbe a farsi curare da un medico donna, meglio rassicurare i lettori con un nome maschile. Amalia parla di medicina moderna, di norme igieniche ma anche di rimedi popolari e di erbe medicinali per entrare in sintonia con il suo pubblico popolare. Tale è il successo che dopo qualche anno la Domenica del Corriere pensa di affidarle anche una rubrica di cucina, Tra i Fornelli. Seconda reincarnazione. Secondo pseudonimo. Questa volta si tratta di Petronilla. E la scelta non è casuale. Petronilla è il personaggio di un fumetto dell’americano George McManus, pubblicato sul Corriere dei Piccoli. Lei e suo marito Arcibaldo sono due emigranti irlandesi che hanno fatto i soldi, lui vorrebbe, dopo le lunghe ore di ufficio, trascorrere le serate bevendo in compagnia di amici, lei ha invece ambizioni sociali. I due non fanno che litigare e lei, ogni sera, lo aspetta al ritorno delle sue sbevazzate, equipaggiata con l’arma femminile per eccellenza: il matterello. Una scelta quindi anche ironica. Amalia è tutto fuorchè una donna convenzionale, al contrario per i suoi tempi è, nelle sue ambizioni, molto moderna, ha lasciato casa molto giovane per andare a vivere in un’altra città, ha preso due lauree, lavora, si è sposata ma non desidera figli. E’ già molto che riesca a scrivere su un giornale, un diritto di solito riservato agli uomini, e dunque si inventa brava massaia perchè cucinare bene, allora, per una donna è un modo per farsi perdonare di essere intelligenti. Amelia ci tiene a rivolgersi ad un mondo femminile senza pretese, le “donnette qualunque”, senza nessuna connotazione negativa, che ogni giorno si sforzano per soddisfare i desideri dei propri famigliari. E’ a queste donne che dedica i suoi libri e le sue ricette:“Per Voi, che foste per anni condannate (povere figliole!) a lavori non adatti alla vostra femminilità ma che (gran fortuna!) siete di colpo passate alla dolce realtà di un sogno lungamente vagheggiato; alla realtà, cioè, della casetta tutta vostra e tutta sorrisa dall’amore di lui che amate tanto; per voi, insomma, che pur essendo profonde in latino od in computisteria, di cucina… ve ne intendete veramente un’acca! Per Voi che, pur avendo, al pari di me, non troppo lauto il mensile assegno maritale, vorreste ugualmente fare buona e varia, ma anche all’economica, la mensa per poter così alla chetichella (senza che il marito sappia!) soddisfare anche quei certi capriccetti dei vostri figlioli…”. Per conquistare queste signore, per entrare nelle loro case, Amelia inventa un intero universo. Petronilla è casalinga, ha figli, tante amiche con cui trascorre lunghi pomeriggi a spettegolare, scambiarsi ricette e lavorare a maglia. Un mondo che ha un linguaggio semplice e un po’ lezioso, fatto di maritini, pranzettini, arrostini, dolcettini, figlioletti bricconcelli, servette brontolone ma dal cuore d’oro, eppure Petronilla, e ci tiene a sottolinearlo, non è solo una casalinga inquieta che si butta sui fornelli per mancanze di alternative: “Oh, non pensatemi di professione cuoca; nè da mane a sera fra pignatte e padelle ad almanaccare nuove pietanze e piatti ricercati! Non pensatemi, insomma, nè cuoca perfetta, nè cuoca di grido ma soltanto (e come ognuna di voi, probabilmente), una qualunque donnetta di casa che in gioventù ha imparato a cucinare (come ognuna di voi avrà certo imparato) sotto la guida della sua mamma per poter fare, così, liete sorprese mangerecce al papa e ai fratelli; che, sposa, ha voluto (come ognuna di voi avrà certo voluto) perfezionare alquanto tra I fornelli della propria cucina- cioè nel piccolo regno del quale ella è la Regina- per maggiormente approfondirsi nel ramo più…saggio e pratico della scienza femminile; che, infine, ha esteso e sempre più estende (come ognuna di voi certamente) il campo del proprio sapere culinario per i suggerimenti, i consigli, e gli esempi che le vengono dati…da questa e da quella delle sue…tante e buone amiche!”. Si pone quindi sullo stesso piano delle sue lettrici, ma ci tiene a sottolineare che per lei la cucina non è solo impegno quotidiano, dovere femminile, quanto piuttosto condivisione di cibo sì, ma anche di affetti, emozioni, valori. Mangiare vuol dire interrogarsi sul mondo, scoprire culture e civiltà, conoscere o riconoscere la storia del proprio paese. E’ lei stessa a ripetere fino alla nausea che la sua è una borghesissima cucina, adatta a tutti, semplice nel contenuto e negli ingredienti: “
“Ebbene, incurante delle pigre e delle troppo sagge, voglio dire alle amichette mie che non osano o non sanno-e per rendere loro assai facile, così il “fare”-quali pietanze io prepari quando ho questi, o quelli, invitati; e per ognuna delle indispensabili “portate” citerò anche non uno, ma vari dei miei…piatti, affinchè sia, così facile scegliere quello che risponda alle possibilità del borsellino (non troppo provvisto quando la fine mese si avvicina), alle esigenze di stagione (in ogni stagione I piatti adatti), alle condizioni del luogo (in piccoli paesi e cittadine non si può tutto ammannire giacchè tutti I condimenti e tutti gli ingredienti non si trovano sempre) e soprattutto alla…particolare maestria culinaria”. Insiste su quel suo essere una qualsiasi donnetta e non una professorona che parla dall’alto di una cattedra cucinaria, e che nelle sue rubriche racconterà solo quali pranzi prepari per le sue colazioni e i suoi pranzetti.
Certo conoscendo Amalia, quella che trascorre le sue giornate all’ambulatorio, a contatto con la sofferenza, la malattia, la fame e la miseria, la sua schizofrenia fa un po’ impressione. E’ come se anche lei, almeno una volta alla settimana, il lunedì, quando esce la sua rubrica, voglia vivere un ruolo che tutto sommato le è abbastanza sconosciuto, la madre di famiglia, la casalinga perfetta, che trascorre le sue giornata tra piccole riunioni con le amiche, festicciole con i figli, pranzi domenicali, visite ai parenti. Con il passare degli anni e I drammatici cambiamenti che la Storia porta con sè, anche i toni della rubrica cambiano. Adesso c’è il razionamento, le tessere, la guerra, fame e miseria. C’è bisogno di consolazione, di rassicurare le donne che il piccolo mondo domestico non verrà sgretolato dale tragedie che incombono. Bisogna convincere le famiglie italiane che si possono ancora fare pranzetti golosi senza svuotare I borsellini. E farlo anche con una certa fantasia. “Ecco qua, alcuni suggerimenti proprio per voi.
Per voi, figlie, mogli, mamme che, da una sorte non certo benigna, foste destinate a vivere in questi tempi di guerra spaventosa che sconvolge l’intero mondo e quindi … di continue mancanze di quanto ci sembrava assolutamente indispensabile; di preoccupazioni le più gravi sul bilancio familiare che di giorno in giorno diventa sempre più costoso; sulla sorte di chi ci è lontano e si vorrebbe tanto vicino; di trepidazioni sul destino che ci attende e (purtroppo!) anche di dolori, di dolori atroci e che spaccano il cuore”. cucinare con “niente pasta, niente grassi, … poche gocce d’olio ….. e così risparmiando“. Quello che piace alle ansiose massaie in guerra è proprio il fatto che pur sotto I bombardamenti, con la gente che muore come cavallette, con il cibo ormai così difficile da trovare, Petronilla non si scoraggia e fa del tutto per non scoraggiare le sue lettrici. I suoi articoli che verranno poi raccolti e pubblicati dalla casa editrice Sonzogno con il nome Le Perline di Petronilla, sono ritagliati e conservati con cura. Sono piccoli preziosi scrigni dove è ancora possible coniugare realtà e fantasia, immagini felici di mondi tranquilli, quelli che ogni donna avrebbe voluto abitare e dove, una volta a settimana, ogni donna finge di vivere. Piccoli racconti di inesistenti vite famigliari, ricchi di verve, di affettuosa partecipazione. “Di questi tempi che sono tanto eccezionali, cosa fanno le donne che, pur svagandosi, vogliono rendersi utili a chi ha tanta necessità dei loro aiuti? Durante il pomeriggio si riuniscono oggi presso una di esse, domani presso l’altra e posdomani presso l’altra ancora e chiacchierando sugli …eventi,sferruzzano calze, corpetti, ventriere e passamontagna per chi combatte al fronte. Non è infatti chiacchierando tra amiche che il tempo corre, la malinconia si attutisce ed I pensieracci (quelli che rodono l’anima e tengono deste la notte) volano, almeno per un pochetto, via? Ecco, infatti, dieci amiche che, cicalando e sferruzzando, passano insieme ogni pomeriggio. Chiacchierando su che? Intorno all’eterno tema che, dopo quello dei mondiali eventi tiene in questi tempi sottosopra ogni cuor…donnesco; intorno cioè all’eterno tema che s’aggira sul modo di sbarcare il lunario mangereccio, consumando poco grasso, poco riso, poca pasta, poca farina e poco zucchero, spendendo pochetto ma…nutrendo però bastevolmente…”. Dunque la fame c’è, il tesseramento pure, ma Petronilla cerca di renderli meno drammatici, quasi un gioco, una recita tra amiche. Racconta di Adalgisa che si preoccupa degli appetiti del consorte: “Voi sapete quanto mio marito sia buongustaio e quanto, con la sua gravità notarile apprezzi I buoni piatti! Ebbene: l’aveste visto oggi a mezzodì mangiarsi a forchettate gli spaghetti con le sardelle che avevo preparato! Mi lanciava quelle certe occhiate che son tutte…lodi e stralodi! Come ho potuto? Del mio olio tesserato avevo fatto, nel mese, una tale economia che sbirciandone la bottiglia, ho deciso. Non è ora alquanto…scura la pasta tesserata? E per gli spaghetti magrissimi non necessita la pasta di…seconda qualità? Della razione mensile ne ho pesati così 60 grammi, li ho posti a fuoco in un tegamino nel quale erano già le dieci sardelle di barile, raschiate, pulite e tritate…”.
O dell’amica Giovanna, “donna modernissima” che confessa le sue colpe: per risparmiare i grassi tesserati, per non passare troppo tempo in cucina, per non essere costretta a tagliare, pulire, ccinare le verdure, per non correre il rischio di bruciare il soffritto, quando prepara la pasta lo fa con condimenti in scatola che cominciano a fare il loro timido ingresso sui mercati. Le altre amiche naturalmente si scandalizzano: “ Quello scatolame! Oh, in casa mia scatole di condimenti…mai!”. E’ Petronilla a calmare gli animi: “ Io vi dico-sostiene- scatolame o roba fresca, a ciascuno la propria scelta. Salse e condimenti pronti sono un’altra tappa del progresso in cucina”. Ma l’inverno e la miseria avanzano, le donne sono stravolte dalla fatica e dalla penuria economica. Adesso più che a vivere, Petronilla deve insegnare alle donne italiane come sopravvivere, e come farlo con gusto. Lo fa usando addirittura la magia. E’ infatti un incantesimo quello con il quale che questa geniale casalinga strega i nostri palati. L’abilità sta tutta nel mettere a tavola gli stessi piatti di sempre ma senza gli ormai introvabili ingredienti. Crème caramel senza uova nè latte, cioccolate in tazza senza cioccolata, zuppe senza pasta, sughi finti, marmellate senza zucchero, torta margherita di fagioli (legumi usati al posto della farina e della fecola) e la più famosa di tutte, maionese senza olio. Le amiche di Petronilla si interrogano scorate su come sia possibili mangiare pomodori crudi (ammesso che ancora se ne trovino N.d.A.) o insalate di verdure lesse, tutti piattini prelibati che esigono la gialla salsa maionese, che come tutte sanno si fa con molte uova e tanto tanto olio. Come fare allora? Ebbene si può. Basta avere un solo tuorlo, un solo cucchiaio di olio, succo di un limone e una patata lessa. Poi armarsi di mortaio, pestello e santa pazienza.
E’ questa la genialità e il merito della Dottoressa Amalia Moretti Foggia, alla quale, come giustamente affermò Massimo Alberini sul Corriere della Sera, coloro che si occupano di gastronomia “se non fossero così irriconoscenti e dimentichi”, dovrebbero erigere almeno una targa marmorea sulla facciata della sua casa al numero 2 di via Sandro Sandri. Chissà come oggi sarebbe accolta la zelante sposina, con il suo grembiule fornito di volant, sempre pronta a soddifare I desideri del Signor Marito. Probabilmente con frizzi e lazzi. Eppure l’amabile Petronilla ha aiutato un’intera generazione di donne non solo ad affrontare la difficoltà del vivere con una certa leggerezza, ma anche, se non a lenire morsi della fame, quantomeno a convincerle che fosse possible farlo. E non è poco”.
DA: “FORNELLI D’ITALIA-150 ANNI DELLA STORIA DEL NOSTRO PAESE RACCONTATI DA PICCOLE E GRANDI CUOCHE”-STEFANIA APHEL BARZINI-MONDADORI EDITORE.
CHI VOGLIA SCOPRIRE LA RICETTA DELLA MAIONESE DI PETRONILLA CLICCHI QUI: RICETTA
No Comments