La storia che voglio raccontarvi oggi è una storia orribile, che non fa onore agli uomini italiani e a tutti gli uomini in generale. Una storia di donne che sono venuta a conoscere grazie ad un’amica di FB che me l’ha inviata. E che vorrei dedicare ai tanti, troppi italiani che urlano all’indirizzo degli emigranti arrivati da noi e che, a loro dire, “ci tolgono il pane da bocca”. Gente incivile, dicono. Leggete e poi fatemi sapere se invece la nostra sia civiltà.
Siamo ormai abituate a mangiare frutta e verdura tutto l’anno, gran parte della quale arriva dal sud della Sicilia, tra Modica, Ragusa, Vittoria. Chi abbia viaggiato in quelle zone non può non aver notato chilometri e chilometri di serre che in ogni stagione raccolgono pomodori, insalate, frutta. Una volta a lavorare in questi bunker erano soprattutto tunisini, arrivati negli anni ’80 quando da noi le frontiere erano ancora aperte. Grazie anche a loro, alla loro fatica, questa regione è diventata leader nella produzione ortofrutticola, distribuendo non solo in Italia ma in tutta Europa. Poi nel 2007 sono arrivati i rumeni, anzi le rumene, che costavano meno e i tunisini sono stati mandati a quel paese e senza nemmeno un grazie.
Le rumene arrivano sole, insieme ai loro bambini, ma senza mariti, che aspettano di essere “chiamati” quando le mogli hanno messo da parte un po’ di soldi. Ma ciò che noi italiani non sappiamo e che invece è a conoscenza di tutti coloro che abitano in zona, è che queste donne sono pagate in media 10 euro al giorno, lavorano in condizioni estreme, sotto ai teloni si raggiungono anche i 45 gradi, respirano veleni chimici tutto il giorno, gli stessi che poi noi ci mangeremo, che possono distruggere pelle, occhi, polmoni. Ma ciò che avviene di giorno è nulla rispetto a quello che accade la notte. Li chiamano “Festini agricoli”, in realtà si tratta di stupri di gruppo. Il “padrone” chiama a raccolta figli, amici, parenti e mette a loro disposizione le giovani lavoranti rumene, così, per divertirsi un po’. Il brutto è che tutti sanno, ma nessuno parla, le rumene perchè sono minacciate di licenziamento, oppure che le si privi ldell’acqua e le si impedisca di mandare i bambini a scuola. La gente del luogo tace perchè altrimenti perderebbe il suo giocattolo. Doppio sfruttamento dunque, agricolo e sessuale. I soli a parlarne sono Don Beniamino Sacco, il primo a denunciare, finito anche in carcere per questo: “Ma io non muoio neanche se mi ammazzano”, Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria. «Se non ci fossero le migranti la nostra agricoltura si bloccherebbe. C’è una buona integrazione, ma la violenza sulle donne è un peso sulla coscienza di tutti. Un fenomeno disgustoso” e alcune donne impegnate nel sociale che raccontano di aborti di massa come unico metodo contraccettivo, perslno in una zona dove l’obiezione di coscienza da parte dei medici è fortissima. Raccontano di donne seviziate e terrorizzate che vivono in capanne fatiscenti, in luoghi isolati, con il tetto bucato per raccogliere l’acqua piovana, senza infissi, con le mura fradicie di umidità. Sono intervenuti persino Emergency e Medici Senza Frontiere che parlano.di queste zone come di quelle di guerra e raccontano che una povertà così, letti di cartone, muffe ovunque, non l’ hanno vista nemmeno in Africa.
La cosa che mi fa più orrore però è che anche le italiane di quelle regioni sembrano non mostrare nessuna pietà per le loro sorelle, anzi è a loro che attribuiscono tutte le colpe, sono le rumene a tentare il maschio siciliano, per sua natura focoso, e poi si sa , l’uomo è cacciatore, orgoglioso delle sue avventure galanti, se così vogliamo chiamarle, vantarsi di queste “conquiste£” è considerato normale. Terribile anche la figura del marito rumeno, a volte presente anche lui in serra. Sa e non sa, vede e non vede e se non accetta la situazione, è il primo a essere cacciato. E loro, le schiave, cosa pensano? Per loro gli uomini, tutti, senza distinzione, italiani, rumeni, marocchini sono padroni, di vita e di morte. Ma sono anche nullità: “Possono prendere il mio corpo-dice Alina- Possono farmi tutto. Ma l’anima no. Quella non possono toccarmela. Qualunque cosa possono farci, loro sono niente”. E come darle torto?
La prossima volta che entriamo al supermercato e compriamo pomodori, zucchine, patate, pensiamoci, non facciamo finta di nulla. Pensiamo al prezzo terribile che queste donne pagano per permettere a noi di mangiare ortaggi e verdure a gennaio invece che a giugno. Un motivo in più per mangiare solo cibo di stagione e a “chilometro zero”. Per acquistare solo cibo di cui sappiamo la provenienza. E la prossima volta che qualcuno maledice i migranti davanti a noi, raccontiamogli questa storia. E raccontandola vergogniamoci un po’ di essere italiani.
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