New Orleans, o come la chiamano gli Americani: The Big Easy. Perchè easy, facile? Non si sa. Forse perchè qui i prezzi sono inferiori al resto dell’America, e dunque è più semplice vivere, forse perchè qui è più facile che altrove comprare alcolici. Forse perchè qui la vita è più allegra. Sta di fatto che New Orleans è una delle città che più amo. Non dimenticherò mai la prima volta che ci sono andata. Correva l’anno 1994, vivevo a Los Angeles e fui mandata per un mese in giro per l’America alla ricerca di materiali per un Cd-rom sulla storia dell’emigrazione italiana in America, anzi nel mondo. Arrivai a New Orleans alla fine di Luglio. Ora questo non è esattamente il momento migliore per visitare la città. C’erano 38 gradi all’ombra e il 95% di umidità. L’aria era bagnata, quasi non si riusciva a respirare e quando entravi nei ristoranti, in albergo, in qualsivoglia locale, l’aria condizionata, come sempre accade in America, ti ghiacciava le vene. Un miracolo che non mi sia presa un malanno. D’altro canto i prezzi, essendo quella considera
ta bassissima stagione, erano ridicoli e soprattutto la città non era invasa, come accade nel resto dell’anno, da turisti americani ubriachi, più che altro turiste che arrivate lì bevono come spugne e poi si aggirano per le strade del Vieux Carrè (il Quartiere Francese) strillando e mostrando agli inorriditi passanti tette bianchicce e ipertrofiche.
Io quella città l’ho amata subito, nonostante l’afa. Ho amato la musica che usciva da ogni dove, le sue vecchie ville coloniali, i suoi giardini, le strade del French Quarter con i suoi balconi di ferro battuto che tanto mi ricordavano i paesi siciliani ( e infatti ho poi scoperto che a costruire il vecchio quartiere furono proprio gli Italiani, in massima parte siciliani, lì giunti nella seconda metà dell”800 e che originariamente lo avevano chiamato Little Palermo).
Ho amato il suo fiume, Old Man River, il Mississipi, che scivola lento e ampio, quasi un mare, accanto alla città.
Ho amato la sua atmosfera magica e inquietante, i cimiteri dove ogni tomba mostra segni recenti di riti voodoo. Perchè N.O. ha anche risvolti inquietanti e misteriosi, crocevia di diverse culture, la creola, la francese, la cajun, la spagnola.
Ma soprattutto ho amato il suo cibo. Vibrante, sensuale, colorato, piccante e profumato, il meglio che l’America possa offrire. Nei giorni lì trascorsi non ho fatto altro che mangiare, non riuscivo proprio a smettere e ho scoperto piatti esotici che mi hanno conquistata per sempre: jambalaya, una specie di speziata paella, i gamberi, le saporitissime ostriche, il gumbo, una zuppa ricchissima di carne, riso, verdure, il cat fish, il pesce gatto, fritto e insaporito con una salsa al limone, i bignè ricoperti di zucchero finissimo. Una gioia per gli occhi, per il palato, per l’anima. A New Orleans dopo quella prima volta sono tornata ancora. Due anni fa ci ho portato mio marito che non la conosceva, ansiosa di fargli amare la città del mio stesso assoluto amore, di fargli assaggiare quel cibo che mi aveva rapita.
Poi abbiamo affittato una macchina e siamo andati in giro per la Louisiana, uno stato affascinante e pieno di contraddizioni, uno dei più poveri d’America. Una terra di baracche di legno sperse nel “bayou”, la terra di acque e canali formati dall’immenso delta del Mississipi, la regione dove vivono i cajun, un popolo di origine francese che ancora parla una sorta di antico dialetto francofono, che ha suoi riti, abitudini, musica, cibo. Abbiamo navigato i bayou e visto aironi, coccodrilli, tartarughe, avvolt giardini ricchi di fiori e piante esotiche, siamo stati nell’isola dove si fa il tabasco, scoprendo che ciò che arriva da noi è solo una versione edulcorata rispetto a quello piccantissimo che si acquista lì e di cui ho fatto incetta.
E abbiamo visitato le incredibili piantagioni che costeggiano l’argine del fiume, vere e proprie reggie dove ancora risuonano le grida e le sofferenze degli schiavi neri. La Louisiana è una terra di fantasmi, ce ne sono ovunque , anche questo fa parte del suo misterioso fascino. E abbiamo mangiato, mangiato, mangiato, senza mai smettere. Siamo tornati in Italia molto più grassi ma felici e quando mi prende la nostalgia mi chiudo in cucina e preparo jambalaya, gumbo, maque choux e gamberi piccantissimi. Invito dunque tutti a venire alle lezioni in cui preparo questi meravigliosi piatti. Sarà una meravigliosa scoperta e io sono ansiosa di farvi conoscere la mia Louisiana. Un viaggio indimenticabile che porterete per sempre nel cuore.
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